Il fondatore di Slow Food guarda alla tecnologia come risorsa per ridefinire modelli produttivi, reti e comunità per il futuro del pianeta

Lun, 11/11/2019 - 12:01

La digitalizzazione in mano alle multinazionali, la produzione intensiva del capitalismo, la finitezza delle risorse: secondo Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, parlare di tecnologia e agricoltura significa mettere a fuoco questi problemi.

Intervistato dal giornalista enogastronomico de La Repubblica Marco Trabucco, Petrini parla chiaramente: “Se la tecnologia non è partecipativa, è asservita a una logica iperproduttiva e non dialoga con i saperi tradizionali può diventare deleteria. Una tecnologia che diventa tecnocrazia non funziona: le disuguaglianze sociali e l’emergenza ambientale sono lì a dimostrarlo”.

La lotta agli sprechi alimentari e alla fame nel mondo sono le sfide da affrontare con l’aiuto di strumenti innovativi, ritrovando armonia con la natura: “Bisogna fare giustizia su un termine di cui tutti si sono appropriati: la sostenibilità - spiega Petrini - Basta guardare la pubblicità per capire che la società è sensibile a questo tema, ma pochi ne conoscono la radice. Sostenibilità deriva da “sustain”, in musica è il pedale del pianoforte che allunga il suono di una nota: questo significa che ciò che è sostenibile: deve essere durevole, l’esatto opposto dei prodotti di un’economia basata sull’esaltazione del consumo”.

Il rispetto dell’ambiente, il riconoscimento del valore del lavoro e la partecipazione sono, secondo Petrini, i punti di riferimento per tracciare una strada nuova. “Le reti virtuali e fisiche devono interagire ma la forza delle prime non sarà mai pari a quella delle seconde - afferma Petrini - Spesso mi viene chiesto cosa regge una rete di 160 Paesi come Terra Madre, progetto di Slow Food. Io rispondo che sono due pilastri: intelligenza affettiva e austera anarchia. Ci sono linee guida, pensiero e condivisione ma nessuno discute come gli altri lavorano i campi: il riconoscimento della diversità è la vera forza di una rete”.

Secondo Petrini le comunità sono la speranza per il prossimo futuro, contrappeso alla scarsa sensibilità della politica per questi temi: “Sono la forma organizzativa più potente in questo momento storico – conclude Petrini - La condivisione delle informazioni è cruciale e la sicurezza affettiva che offrono le comunità è quello che ci vuole per affrontare grandi sfide, senza che ci sia qualcuno pronto a punirti alle prime difficoltà”.

Luca Parena (futura.news)

È disponibile la registrazione integrale dell'incontro.