L'innovazione in campo industriale ha portato i lavoratori umani a condividere le fabbriche con le macchine, che spesso finiscono per sostituirli, cancellando posti di lavoro. Come possono coesistere creatività e produttività nell'era dell'automazione?

Dom, 10/11/2019 - 15:00

Siamo nell’era della quarta rivoluzione industriale, quella dell’informatizzazione totale e delle nuove tecnologie. Questa trasformazione coinvolge tutti i soggetti coinvolti nella produzione: da un lato le imprese che interpretano quest’epoca con le sue contraddizioni, in termini di cultura manageriale, sviluppo dell’organizzazione, scelte innovative; dall’altro il ruolo dei lavoratori, le necessità di formazione, i modelli regolativi e le necessità sindacali.

“Bisogna rivedere il rapporto tra industrie e società come una nuova relazione tra impresa e mondo esterno – spiega Tatiana Mazali, ricercatrice al Politecnico di Torino, esperta di cultura digitale e linguaggi dei media – da intendersi come interconnessione tra produzione e consumo. L’obiettivo è industrializzare l’artigianalità, riunendo le competenze digitali con quelle artigianali”.

L’automazione pone interrogativi fondamentali sul modo di concepire il lavoro di domani e mette in crisi sia industriali che sindacati. Lo scrittore e docente di Computer Science Lev Manovich sostiene che “Il DNA digitale è una struttura modulare che contiene processi automatici intelligenti. È un tipo di automazione con la capacità di variare”. E Francesco Garibaldo, sociologo industriale esperto in processi di trasformazione del lavoro, parla proprio della nuova frontiera dell’automazione. “I modelli sono tre: eteromazione, in cui l’essere umano è dominato dalla macchina – spiega Garibaldo – poi abbiamo la disoccupazione tecnologica, raggiunta attraverso il massimo grado di sostituzione dell’uomo con strumenti automatizzati, e le forme di simbiosi uomo-macchina, nelle quali si ha un accrescimento delle capacità umane accompagnato al miglioramento delle condizioni di lavoro e dalla riduzione della fatica”.

Dal punto di vista dei lavoratori, però, l’automazione produce effetti negative come la costrizione dentro tempi di lavorazione molto stretti e una nuova forma di controllo che non è più data dal rapporto tra sforzo prodotto e risultato ottenuto, ma è indirizzato in tempo reale a ogni singolo movimento della catena.

L’importanza dell’automazione per il miglioramento della produzione industriale è un dato indiscutibile, come ricorda Nicola Scarlatelli, presidente di CNA Torino e amministratore unico dell’azienda Samec. Tuttavia bisogna pensare a nuovi modelli di integrazione della tecnologia all’interno delle fabbriche e dei laboratori. L’essere umano conserva il tratto peculiare della creatività e “se abbiamo bisogno di creatività – conclude Garibaldo – dobbiamo rivalutare i tempi del lavoro, lasciando spazio al riposo e all’ozio, su cui dovremmo investire le nostre risorse in futuro. L’obiettivo dovrebbe essere creare un modello virtuoso dove l’alta produttività delle macchine incontro la creatività umana in un’articolazione del tempo che consenta il tempo del nostro pensiero”.

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